lunedì 8 novembre 2010

Vecio in conža se liež Ronco

Vi eravate forse dimenticati dei Full Bromba?
Bene, se ciò era sciaguratamente accaduto, credo che lo sforzo fatto per tenerveli fissi dentro la vostra crapa e nel fondo del vostro cuore abbia dato i risultati sperati grazie alla pubblicazione online del disco. Sicuramente una novità importante, se non nel materiale nella forma, che garantisce a chiunque ne abbia desiderio di entrare in possesso gratuitamente del nostro disco (e in maniera del tutto legale, che non è cosa da poco).
Bene, ciò premesso, a breve sul blog sarà presente un'altra novità, un altro piccolo aiuto rivolto a chi vuole avvicinarsi alla nostra musica e al nostro mondo, di cui però non voglio anticipare nulla prima della finale realizzazione, soprattutto per tenervi un po' sulle spine e farvi tornare ogni tanto su questo blog.

Sot al gran sol de međodì (ovviamente oggi il tempo fa cagare e il sole non ne vuol sapere di farsi notare) volevo dedicare un pensiero ai nostri amici di Ronco, o meglio, de Rónc, con la quale la nostra Pro Loco è da poco gemellata.
Ronco, è un paese che ha tutte le caratteristiche immaginabili per non avere più alcun motivo di esistere e di potersi vantare di una certa demografia:
a parte la solita solfa del posto sfigato, in culo al mondo ecc. che ormai l'abbiamo capito non conta poi granché (chi è che decide dov'è il culo e dove il cuore del mondo? secondo quali parametri?) Ronco è dislocato interamente su delle rive, ma non delle rive normali, delle rive estremamente erte, tanto che una vecchia diceria popolare racconta che le pite di Rónc debbano portare un sacchetto sul culo, altrimenti tutte le uova finirebbero in fondo alla valle, e i tanti sforzi delle povere galline per riprodursi e per sfamare i loro proprietari sarebbero irrimediabilmente vani. E questa è la prima sfiga, diciamo orografica, fisica, con cui i "pendoli" però hanno imparato a convivere in armonia.

La seconda sfiga è di tipo prettamente politico, e rimanda ad un'altra leggenda del luogo, forse la più conosciuta, brevemente: in tempi più o meno remoti, c'erano da stabilire i confini comunali lungo il passo Brocón che collega Canal San Bovo a Castello Tesino. L'accordo di massima si basava sulla partenza in contemporanea dalla piazza di Ronco di un gruppo di abitanti dell'uno e dell'altro comune, arrivo al paese di origine, giro di boa e ritorno. Nel punto in cui i due gruppi si sarebbero incontrati, sarebbero stati tracciati i confini tra l'uno e l'altro comune. I "castelaži" ovviamente, da percorrere per ritornare al paese avevano una strada decisamente più lunga, e i canalini, forti della convinzione di avere un tempo a disposizione di gran lunga maggiore, durante il viaggio si fermarono in un'osteria a giocare a carte, e in questo tempo gli abitanti di Castello arrivarono fino ai Cainèri, togliendo quindi all'amministrazione del Vanoi l'ultimo dei colmèi de Rónc, che ancora oggi risponde al comune di Castello Tesino. Ronco quindi si presenta frazionato in due comuni, divisi da quella che si chiama Val de le Partide.

La terza sfiga si riferisce ai disastri umani e naturali, cosa che a Ronco ha colpito in maniera significativa due delle tre costruzioni più importanti del paese, l'unica delle quali a non essere mai stata in discussione è la chiesa. Per trovare la più tormentata dobbiamo scendere fino a valle, per trovare il ponte che attraversa il Vanoi portando da Canal San Bovo a Ronco, cercate bene, perché quello di cui parlo non esiste più. Indubbiamente una delle costruzioni più affascinanti dell'intera vallata del Vanoi nonché del Primiero, è stato abbattuto durante la prima guerra mondiale, per poi essere ricostruito tale e quali intorno agli anni (se non sbaglio) venti. Floridi furono gli anni dove il bellissimo ponte di pietra collegò i "pendoli" al fondovalle, finché nell'anno dell'alluvione il torrente se lo divorò scavando dal fondo, trascinando con sè l'allevatore che lo stava attraversando, e salendo di nuovo su quelle rive, mise fine a quello che era a tutti gli effetti divenuto il polo industriale di Ronco, ai Cainèri, con i due mulini e la segheria.

Questi racconti volutamente goliardici, magari viziati e forse esagerati mi fanno arrivare alla conclusione che tra tutte le difficoltà e le avversità, Ronco è ancora lì e vive ancora, ad ogni problema ha saputo reagire e soprattutto ripartire, e io vi chiedo se questa metafora possa indicare qualcos'altro, possa essere ristretta e trasposta, magari rileggendo la prima riga di questo post.

p.s.: non se la prendano i "pendoli" per le sciocchezze scritte qua sopra, per chiarire è soltanto risultato di un primo impatto superficiale del luogo e di una conoscenza sommaria delle vicende.

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